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La più antica civiltà urbana fu quella dei Sumeri, il nome di questa popolazione deriva dal biblico Shinar ovvero “luogo dei signori civilizzati”. Le ricerche archeologiche hanno dimostrato che già nelle prime abitazioni era presente una diffusione degli ambienti funzionale e completa. In questi luoghi, dove le temperature non sono particolarmente basse, le finestre erano delle aperture, più simili a delle feritoie, che consentivano il passaggio della luce. La civiltà sumera, pur conoscendo la tecnologia della fusione del vetro, non si servi di questa per chiudere le aperture delle finestre bensì per la realizzazione di vasellame pregiato e splendidi monili. Per la schermatura delle finestre si utilizzavano dei teli bianchi impregnati di grasso, la pelle di animali ridotta a sottile pergamena o pezzi trasparenti di vescica di maiale.
Vennero utilizzati i medesimi sistemi nella stessa Roma. Successivamente, con lo sviluppo dell’industria del vetro, si riuscì a produrre delle lastre di vetro grezzo spesse circa un centimetro. L’utilizzo del vetro si diffuse sempre di più, tanto che Cicerone scriveva:
Ben povero si deve considerare chi non possiede una casa tappezzata con placche di vetro.
La testimonianza di ciò ci viene da Pompei, dove le finestre delle case dei Patrizi avevano dei telai di bronzo tra i quali venivano inserite queste piccole, ma spesse, porzioni di vetro.
I vetri da finestra ottenuti con il metodo della colatura e montati su telai di legno o metallo, fanno la loro prima comparsa negli edifici pubblici di Roma al tempo di Ottaviano Augusto.
In epoca imperiale, i romani, afflitti da penuria di legname, svilupparono dei sistemi di riscaldamento delle abitazioni e dell’acqua basati sull’utilizzo dell’energia solare e dell’effetto serra creato dal vetro. Sostituirono il sistema di riscaldamento a legna; gli ipocausti, ovvero i condotti in cui passava il calore prodotto da una fornace posta sotto il pavimento, con il calore del sole, attraverso l’orientamento di particolari ambienti dell’abitazione destinati ad assorbire l’energia solare e ad evitarne la dispersione. I romani utilizzarono le lastre di vetro trasparenti non solo per le abitazioni. Una larga parte della produzione del vetro era destinata alla costruzione delle serre, nelle quali la creazione di un microclima caldo consentiva di far crescere piante ornamentali esotiche; o nelle terme, dove la nuova tecnologia permetteva di risparmiare una grande quantità di combustibile.
Con la caduta dell’Impero Romano nel V secolo d.C. anche gli artigiani e l’abilità che permetteva la produzione del vetro piano scomparvero. Fino al XIX secolo la maggior parte del vetro piano fu realizzato con una tecnica che prevedeva il soffiaggio di una sfera e un suo successivo allargamento per rotazione in forno. I romani furono i primi ad adottare la tecnica del tamponamento in vetro. Questa tecnica viene persa per scarsità di materiali durante l’alto Medioevo per essere riacquisita successivamente ed in larga scala durante il periodo gotico.
La finestra medievale non era considerata un componente essenziale della facciata. Presentava una conformazione stretta e lunga e le decorazioni non vi trovavano ne spazio ne funzione estetica. Lo scopo era quello di garantire una illuminazione interna minima, ma soprattutto la vista e il controllo sull’esterno in caso di attacco nemico. La mancanza dei vetri ed il grande spessore dei muri fecero si che le dimensioni dell’apertura fossero estremamente limitate.
Durante il romanico, fase dell’arte medievale sviluppatasi a partire dalla fine del V secolo, nasce il rosone, grande finestra circolare divisa in forme geometriche a raggiera. Questo elemento architettonico verrà ripreso durante il periodo gotico con l’arricchimento delle vetrate colorate. I rosoni si ingrandiscono con decorazioni a volute in pietra lavorata, si sviluppa la tecnologia del vetro unitamente a quella del piombo; quest’ultimo consentirà di creare sistemi di vetrate caratterizzate da notevoli valori di tenuta all’aria e resistenza statica. É proprio in questo periodo che la progettazione della finestra negli edifici religiosi usufruisce di novità strutturali che permetteranno di concentrare i carichi dell’edificio sulle facciate.
Le ampie vetrate sostituiscono le murature continue delle chiese romaniche aprendo lo spazio della chiesa alla luce e alle narrazioni che sul vetro vengono illustrate; l’alleggerimento della struttura permette di sviluppare le chiese in altezza, come a voler raggiungere il divino.
La luce filtrata dalle finestre assume un significato simbolico ed entra in un rapporto dicotomico con il buio che contrariamente rappresenta il peccato, le ricche composizioni cromatiche delle vetrate risaltano in contrasto con la penombra dell’ ambiente e l’effetto di queste immagini su vetro muta a ogni variazione della luce. I migliori esempi di vetrate si trovano nelle chiese e nelle cattedrali medioevali dell’Europa Settentrionale, mentre in Italia e Spagna sono meno utilizzate per via della tradizione costruttiva romanica e per un irraggiamento del sole troppo forte per l’ampiezza delle superfici vetrate.
Durante il Rinascimento decade la stretta separazione tra architettura civile e religiosa, conseguentemente, sia nella prima che nelle seconda, verranno applicati canoni architettonici innovativi: il bugnato ad esempio, dopo le prime applicazione nell’età greco-romana e la successiva scomparsa durante il Medioevo, torna ad essere elemento visivo centrale della facciata ed entra in un affascinante contrasto , almeno nelle prime applicazioni, con le finestre a bifora medievali, molto più leggere e sottili rispetto a quelle che verranno utilizzate durante il periodo rinascimentale.
La tendenza nel recupero degli elementi architettonici caratterizzanti l’età romana porta ad una riproposizione dell’edicola come motivo decorativo. Quest’ultima, ha la funzione di ospitare e proteggere le porte e le finestre della facciata. Successivamente evolverà le proprie forme seguendo i canoni dettati dall’architettura barocca. Seguici nel prossimo articolo.